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Ama, 5 licenziati per furto di carburante: “Abito alla Borgata Finocchio, è lontano”

Tra i netturbini Ama dediti al furto di carburante c’è anche chi ha ammesso di intascare pure «l’indennità per il raggiungimento della sede di lavoro», sempre pagata dall’Ama. «Abito alla borgata Finocchio, è lontano…», si sono sentiti dire gli ispettori. Chi è finito sotto inchiesta ha detto quasi sempre la stessa cosa: «Questo era un comportamento diffuso», «vedevo altri colleghi negli stessi distributori». L’Ama, sentite queste parole, ha avuto clemenza per tutti. Ma tanta indulgenza, si diceva, non è servita: in cinque sono stati sorpresi a rubare di nuovo. E almeno stavolta sono stati licenziati. La prima inchiesta sui furti di gasolio all’Ama nasce nel 2017. Ad avviarla è l’ex presidente Lorenzo Bagnacani, manager nominato da Virginia Raggi due anni fa e poi silurato a febbraio, il quinto manager cambiato dalla sindaca nella società dei rifiuti in tre anni di governo. Bagnacani, poco dopo l’insediamento, si fa portare i numeri sul chilometraggio dei mezzi e scopre che i conti non tornano, se confrontati con i soldi spesi per il carburante. Lo scostamento era di 3mila litri. Almeno. Insomma, i mezzi succhiavano molto più gasolio di quanto avrebbero dovuto. Tradotto: viaggiavano poco, ma costavano molto. A quel punto, anche attraverso l’ingaggio di investigatori privati, si è iniziato a controllare da vicino l’operato di alcuni dipendenti sospetti. E 20, solo dal 2017 al 2018, sono stati beccati con le mani nel sacco. Anzi, nel serbatoio. Con un vero e proprio sistema, una tecnica collaudata, sia per sottrarre carburante nei distributori aziendali (dove con tanta fatica solo ora si montano le telecamere – i sindacati naturalmente erano contrari, questione di «privacy»), sia per sfruttare come bancomat le card aziendali. Insomma pagava l’Ama, ma la pompa riforniva le auto private dei dipendenti. Un lavoratore, una volta scoperto, nell’estate del 2017, ha confessato: «Le carte erano nell’ufficio, in un cassetto». Incustodite. E così una la prendeva per far marciare il mezzo di servizio e «una seconda carta, oltre quella assegnata con il foglio di marcia» la sfruttava per guadagnarci. «Il gasolio l’ho venduto ai conoscenti», ha ammesso il netturbino, come tanti altri colleghi. A chi gli chiedeva da dove venisse la tanica, rispondeva di «aiutare un amico».