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Mario Brega, il tiburtino-sublacense simbolo della romanità più verace

E’ stato uno dei caratteristi più marcati della romanità verace, ma le sue origini erano tiburtine e sublacensi. E ora la storia di Mario Brega, “er principe”, volto indimenticabile dei film di Sergio Leone, Dino Risi, Pietro Germi, Ettore Scola e Carlo Verdone, è raccontata da un libro biografico, scritto da Ezio Cardarelli. La sua corporatura imponente e quell’espressione al tempo stesso truce e bonaria («sta mano po’ esse fero o po’ esse piuma») lo hanno reso famoso. Ma il nuovo libro (“Ce sto io, poi ce sta De Niro” – Ad Est dell’ Equatore Editore) racconta la sua vita. Nato nel 1924, figlio di un ex atleta olimpico (il mezzofondista Primo Brega, nato a Tivoli), aveva fatto il fuochista e il fattorino sugli autobus in epoca fascista, sul finire degli Anni 30, ma già da ragazzino aveva deciso de “fa’ er cinema” e negli Anni 60 divenne uno dei più grandi caratteristi italiani dopo aver vissuto l’infanzia a Subiaco con la famiglia materna. E’ morto 24 anni fa: “Mario era furbo, svelto, intelligente, spavaldo, un po’ megalomane ma generoso – ricorda Carlo Verdone – uno che dalla strada poteva urlarti: A busciardo! M’avevi promesso venti pose e mo’ me ne fai fa’ cinque? Scenni che parlamo!”.