“Merck raddoppia e scommette sull’Italia con la valorizzazione dell’eredità Serono”, titola “Affari & Finanza”, il supplemento economico de “la Repubblica” del 5 marzo scorso. Nel quale si annunciano “i nuovi investimenti nei due impianti nel nostro Paese, a Guidonia vicino Roma e a Modugno (Bari). «La nostra azienda si articola su tre aree di attività: healthcare, ovvero la tradizionale attività di ricerca e produzione di farmaci sia chimici che biotech; life science, cioè gli strumenti innovativi e le forniture per laboratorio che rendono la produzione biotecnologica più veloce ed efficace; e performance materials: dalle specialità chimiche per l’industria dei semiconduttori ai cristalli liquidi e materiale Oled per display e illuminazione. Bene, di queste tre attività noi abbiamo deciso di valorizzare soprattutto la seconda, e qui il contributo della competenza e delle esperienze italiane può essere veramente importante». Il ruolo dell’Italia in questa rivoluzione interna che sta cambiando il volto di un gruppo da quasi 16 miliardi di fatturato e 52mila dipendenti in tutto il mondo, ce lo spiega il country manager Antonio Messina: «Prendiamo lo stabilimento di Guidonia Montecelio. Lo fondò la Serono nel 1974 come impianto di produzione della famosa follitropina, l’ormone femminile della riproduzione. Dopo il cambio di “casacca” della metà dello scorso decennio (la Merck pagò 10,6 miliardi di euro, ndr), iniziò la riconversione industriale: oggi con una serie di investimenti che hanno già superato gli 80 milioni e che continuano ancora (il piano triennale 2017-19 parla di 27 milioni) lo stabilimento, dove lavorano 100 dipendenti di cui il 75% ricercatori, è diventato un fondamentale snodo nel network di ricerca dell’intero gruppo». In pratica, a Guidonia avvengono il “controllo di qualità” sulle ricerche in corso, il coordinamento delle centinaia di trial clinici che il grande gruppo tedesco ha in corso in tutta Europa, la sperimentazione di molecole già “pronte” ma non ancora in commercio, e poi ulteriori ricerche per differenziare sempre più la pipeline con la verifica delle necessità del mercato, e via dicendo. «Non si deve però pensare all’Italia – riprende la parola Chris Round – solo come un luogo di mera manifattura, perchè il vostro Paese garantisce un grande valore alla ricerca globale: più di 7mila farmaci in sviluppo in tutto il mondo recano un sostanziale contributo italiano. E le compagnie farmaceutiche italiane sono già sulla frontiera più avanzata della digitalizzazione nei processi produttivi e organizzativi, con un efficace management del software impiantistico, con versioni avanzate dell’additive manufacturing delle stampanti 3D, con le tecnologie per la prototipazione virtuale. Per tutti questi motivi continueremo a investire massicciamente sul breve termine in Italia».